La prima struttura organizzativa agile della Posta

La parola magica del momento è agilità. Invece di pensare in rigide gerarchie, i collaboratori si organizzano in modo autonomo e orientandosi ai progetti. Claudia Kaiser e Hanneke Gerritsen, co-responsabili dell’unità Sviluppo del personale e dell’organizzazione, ci aggiornano sulle strutture introdotte di recente nella loro sezione.

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Da aprile 2018 l’unità Sviluppo del personale ha una nuova struttura organizzativa. Perché?

Claudia: con la riorganizzazione della nostra sezione, a febbraio 2017, mi è stato assegnato un ambizioso obiettivo di riduzione dei costi. Dovevamo infatti diminuire gli oneri, pur mantenendo prestazioni e qualità invariate. Ciò era possibile solo con un cambiamento radicale. L’esperienza di altre aziende insegna che obiettivi di efficienza di questo tipo possono essere raggiunti ottimamente con forme organizzative agili.

Hanneke: l’ambiente lavorativo diventa sempre più complesso. Vogliamo strutturarci in modo più ampio e flessibile, per poter affrontare al meglio le sfide del futuro. La forma agile si presta bene a questa situazione: una maggiore flessibilità consente infatti di adattarsi meglio a condizioni quadro in continuo cambiamento.

Claudia: sapevamo che avremmo mantenuto invariata la nostra offerta di prestazioni, cercando al tempo stesso di rispondere meglio alle necessità dei partner. Così facendo possiamo diventare più efficienti, standardizzando le offerte finora ridondanti.

Che cosa significa concretamente una struttura agile nell’unità Sviluppo del personale e dell’organizzazione?

Claudia: i compiti gestionali sono distribuiti in maniera più ampia, le gerarchie si appiattiscono. Compiti, competenze e responsabilità sono ripartiti in maniera diversa, ma devono essere comunque definiti molto chiaramente. I compiti gestionali sono ripartiti tra più persone, la direzione inserisce ogni volta una persona del team, dopo averne discusso con il soggetto interessato.

Hanneke: in questa struttura i mandati pull e push si integrano perfettamente, cioè le attività che scaturiscono nelle singole unità e quelle assegnate centralmente dal gruppo.

L’azienda Spotify ha una struttura agile, i suoi team sono piccoli e si chiamano «squad». Più squad formano delle «tribe». Nei «chapter» si riuniscono gli esperti provenienti dalle diverse tribe. Quali sono le vostre caratteristiche chiave?

Claudia: la nostra organizzazione è, in linea di massima, simile. Da un lato, i collaboratori sono organizzati in circoli di unità, che corrispondono alle «tribe» con i loro «squad»; mentre dall’altro si lavora in circoli di specialisti, paragonabili ai cosiddetti «chapter».

Hanneke: i circoli di specialisti sono responsabili dei progetti strategici del gruppo. Qui vengono stabiliti nuovi standard, sviluppati i temi tecnici e definiti i processi. Conoscono i benchmark, le tendenze e le soluzioni più aggiornate presenti sul mercato. Ci si concentra sulla next practice. I circoli di unità sono responsabili dei compiti specifici delle unità, che vengono elaborati all’interno di appositi team.

Com’è organizzato il lavoro nelle unità?

Hanneke: i team sono formati da persone con know how ed esperienza diversi. Ognuna di esse assume un determinato ruolo specialistico ed è responsabile dell’adempimento del proprio mandato. I team godono di grande autonomia che consente loro di trovare soluzioni e prendere le decisioni necessarie in modo rapido.

Finora c’erano unità con team e una direzione tecnica. Cos’è cambiato?

Claudia: ora i collaboratori si occupano sia di compiti trasversali a livello di gruppo sia di mandati specifici dell’unità.
In questo modo possiamo garantire che il know how confluisca dalle unità nelle soluzioni a livello di gruppo.

Hanneke: sviluppiamo i cosiddetti profili T, i collaboratori operano cioè sia come specialisti del proprio settore sia come generalisti, con una forma mentis e una modalità di lavoro interdisciplinari.

Quali sono i vantaggi?

Claudia: il più grande punto di forza è proprio questa idea di «sia-sia». Si opera, cioè, sia strategicamente come specialista, sia come generalista a soluzioni specifiche del mercato. Siamo certe che questo modello generi un doppio vantaggio per l’azienda e per i collaboratori. Inoltre il cosiddetto «collo di bottiglia», presente nelle strutture tradizionali, non è più così stretto.

Hanneke: possiamo trasferire responsabilità e competenze decisionali ai collaboratori.I team si possono organizzare autonomamente e agire sotto responsabilità propria. Alla base sono necessarie però condizioni quadro chiare da concordare in anticipo con il management.

Quali sono gli svantaggi di questa struttura?

Hanneke: la modalità di lavoro cambia, le vecchie gerarchie e i processi del passato non fanno più presa. In breve: la struttura agile richiede un certo sforzo ai collaboratori e ai quadri. Dobbiamo adeguarci a una cultura lavorativa completamente nuova.

Claudia: il nostro ambiente non è organizzato in maniera agile e si aspetta l’abituale struttura di gestione. Il classico e immutabile capo è sparito. Abbiamo investito molto sulle interfacce per poter collegarci con il modello operativo delle HR nel loro complesso. In fondo, come unità Sviluppo del personale e dell’organizzazione, siamo solo una parte di P e quindi dipendiamo dal modello operativo generale.

Come avete proceduto?

Hanneke: l’«organigramma» è cambiato notevolmente dall’inizio del nostro lavoro, nella primavera 2017. I collaboratori potevano fornire feedback continui. I soggetti interessati (stakeholder) devono essere convinti fin dall'inizio che l’auto-organizzazione comporta dei vantaggi per loro, altrimenti la situazione diventa difficile.

Claudia: all’inizio avevo una vision, ma nessuna idea concreta. Quando mi è stato chiesto di abbozzare rapidamente un organigramma ho avuto enormi difficoltà, poi la struttura si è sviluppata progressivamente, a volte anche facendo un passo indietro. Abbiamo svolto lunghe discussioni nel team di direzione, accettando idee e input dei collaboratori e osservando altre aziende.

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